Cattedrale di Oristano, 13 aprile 2017
Questa mattina celebriamo la messa crismale in comunione con i presbiteri e i fedeli della Diocesi, in simbolo profondo dell'unità della Chiesa raccolta intorno al Vescovo. Nel corso della celebrazione consacrerò gli Oli Santi: il Crisma, l'Olio dei Catecumeni e l'Olio degli Infermi e i presbiteri rinnoveranno le promesse fatte nel giorno della loro Ordinazione.
Vorrei, ora, rivolgermi anzitutto a voi, cari confratelli nel sacerdozio, per esortarvi paternamente a rinnovare lo stupore e la lode al Signore per la grandezza del dono che avete ricevuto. Quanto più capirete la grandezza del dono, tanto più crescerete nella responsabilità di viverlo e trasformarlo in un servizio di preghiera, di carità, di discernimento, di solidarietà con il prossimo. Se cessiamo di meravigliarci ogni giorno per la bellezza e la grandezza del dono, la nostra celebrazione dell’Eucaristia diventa un semplice rito, la nostra passione pastorale si trasforma in lavoro d’ufficio. Se, invece, rinnoviamo ogni giorno lo stupore per essere stati scelti da Gesù, vinceremo ogni forma di rassegnazione e manterremo l’entusiasmo della donazione al servizio di Dio e del prossimo. Il sacerdozio non è un mestiere da esercitare ma un mistero da vivere. Per quest’anno pastorale ci siamo riproposti di rendere viva e partecipata la celebrazione del giorno del Signore, ossia la messa domenicale, con il coinvolgimento dei fedeli laici. Per molta nostra gente, il solo contatto con la Chiesa è la frequenza alla messa della domenica. Bisogna fare di tutto, allora, per rendere la celebrazione eucaristica un momento di forte intensità spirituale, di proclamazione gioiosa della Parola di Dio, d’esperienza viva di grazia e benedizione. Il profeta Isaia e lo stesso Gesù ci ricordano che lo Spirito del Signore ci ha consacrato per annunciare la libertà e la salvezza a tutti gli uomini e le donne di cuore sincero. Ognuno di noi, perciò, saprà trovare il modo personale di testimoniare la gioia di essere ministro di Dio 24 ore su 24 e non solo quando indossa i paramenti liturgici. Purtroppo, nella vita della parrocchia prevalgono spesso i momenti del lutto, indotti dai numerosi funerali, rispetto ai momenti della gioia, riservati ai pochi battesimi e matrimoni religiosi. Ma, nello spirito giusto, anche la liturgia dei defunti è tempo propizio “per fasciare le piaghe dei cuori spezzati, dare olio di letizia invece dell’abito da lutto, canto di lode invece di un cuore mesto” (Is 61, 1-3). Il Signore Gesù benedice ogni gesto che consacra, assolve, compatisce, accompagna, conforta.
Mi rivolgo a voi, ragazzi cresimandi e cresimati, per darvi un cordiale benvenuto alla celebrazione della messa crismale. Il crisma che oggi benedico serve anche per la vostra consacrazione quando riceverete o avete già ricevuto il sacramento della cresima. Sicuramente, avete sentito dire molte volte che il sacramento della cresima è il sacramento dell’addio, perché, i ragazzi, una volta cresimati, vanno via dalla parrocchia e non si fanno vedere più. Spero che non sia così per voi. Voi dovete smentire questo detto con i fatti e non con le parole. La cresima vi fa crescere nella formazione di cristiani convinti e maturi. Oggi, sentite parlare tanto di autonomia, libertà, indipendenza. Ma per essere veramente liberi si deve avere una chiara identità di se stessi. Il catechismo che avete imparato vi serve per dare una identità alla vostra persona, un senso cristiano alle cose che fate, ai problemi che affrontate, alle speranze e ai sogni che nutrite. Il sacramento che ricevete vi dà la forza per liberarvi dalle cattive abitudini e rimanere fedeli ai vostri buoni propositi. La Chiesa ha bisogno di voi, del vostro aiuto, della vostra presenza, perché, con il vostro comportamento, dimostrate che è bello ed è possibile impegnarsi nella vita della parrocchia; che è bello compiere dei gesti di carità per i propri compagni, gli anziani, i malati. Papa Francesco, parlando ai cresimandi di Milano, ha detto che in questi tempi c’è un fenomeno brutto che deve essere affrontato dai ragazzi: il bullismo. Ha chiesto ai ragazzi che affollavano lo stadio di San Siro che nella scuola, nel quartiere, nel vicinato, nel gruppo, non ci sia più qualcuno o qualcuna del quale o della quale ci si fa beffa, che venga preso in giro, perché ha qualche difetto, che gli si faccia provare vergogna per qualche sbaglio commesso. Ha chiesto loro di fare la promessa al Signore di non fare mai del bullismo nel collegio, nella scuola, nel quartiere. Anch’io chiedo a voi, cari ragazzi, di impegnarvi al rispetto delle cose e delle persone, a non dimenticarvi di leggere il Vangelo, per conoscere sempre più e sempre meglio la persona di Gesù.
Ed ora, una parola a tutti voi, cari fratelli e sorelle, battezzati nel nome di Cristo, consacrati dal sacerdozio comune dei fedeli, chiamati alla corresponsabilità del servizio pastorale della nostra Chiesa arborense. Sta diventando molto popolare lo slogan d’un’associazione d’Oltralpe, che ripete: “Noi siamo Chiesa”. Il contenuto dello slogan è vero. In realtà, noi siamo Chiesa. Cioè, costituiamo una comunità che lo Spirito trasforma in comunione. In questa Chiesa-comunione noi non viviamo da soli e non operiamo da soli, perché nella Chiesa non c’è posto per navigatori solitari, capitani di ventura, cercatori di protagonismo e di visibilità. Dio ci ha costituiti come suo popolo santo. Scrive il Concilio: “piacque a Dio di santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse nella verità e santamente lo servisse”. Se questa è la realtà nella quale viviamo, allora, chi è sano e veloce si fermi per assistere chi è malato e lento. Chi ha certezze e sicurezze accompagni chi è insicuro ed ha dubbi. Chi ha il conforto della fede dia una mano d’aiuto a chi non ha la forza della fede. Non è possibile gioire della propria salvezza se il fratello si danna. Inoltre, se è vero che “Noi siamo Chiesa” è anche vero che “la Chiesa siamo Noi”, ossia ogni battezzato, non solo il parroco, il ministro straordinario della comunione, il confratello, il socio di Azione Cattolica. Poiché nella Chiesa non esiste l’istituto della delega, siamo tutti responsabili e protagonisti della vocazione di discepoli missionari. Madre Teresa disse che i piccoli gesti di carità sono come tante gocce d’acqua che rendono l’oceano meno povero. Noi diciamo che i piccoli gesti di carità sono anche tanti doni che rendono la nostra Chiesa meno povera.
Cari fratelli e sorelle,
la nostra Chiesa arborense possiede tanti tesori di carità e di bontà nascosti nelle buone pratiche dei fratelli e delle sorelle. Sappiamo che non è facile scoprire dove finiscano le nostre mani, dove comincino le mani di Dio, e come si uniscano le mani di Dio alle mani dell’uomo. Dobbiamo essere certi, però, che le nostre azioni e i nostri sentimenti possono colorare di senso la vita di tutti i giorni. Abbiamo i colori del Vangelo, ossia la solidarietà, l’amicizia, il perdono, il rispetto reciproco. Allora, auguro di cuore a tutti voi, consacrati dal battesimo nel nome di Cristo, di portare i colori del Vangelo agli uomini e alle donne amati da Dio.