Cattedrale di Oristano, 20 aprile 2014
All’inizio della riflessione che vi propongo vorrei precisare che noi, questa mattina, non ci ritroviamo in questa Chiesa cattedrale per celebrare una ricorrenza astronomica, che cade la domenica successiva alla prima luna piena dell’equinozio di primavera. La pasqua di risurrezione, infatti, è certamente anche una festa di calendario, ma non può essere solo questa ricorrenza.
In effetti, c’è una ricorrenza annuale e si chiama la Pasqua di risurrezione; c’è una ricorrenza settimanale, la domenica, e si chiama la piccola Pasqua; c’è una ricorrenza più frequente, e la possiamo chiamare Pasqua della vita. Quella annuale si esaurisce con la celebrazione dei misteri della passione e della risurrezione di Gesù, e, quindi, è a termine. Quella settimanale corre il rischio di ridursi a un semplice “precetto della Chiesa”, che obbliga ad andare a messa la domenica. Noi abbiamo bisogno, invece, di una Pasqua che non abbia una scadenza fissata dal calendario e che non si riduca a un’osservanza rituale e formalistica. In breve, abbiamo bisogno della Pasqua della vita e questa è la più difficile, perché richiede il coraggio di viverla e testimoniarla ogni giorno. Richiede, perciò, un coraggio di risurrezione, di ricominciamento, di rimotivazione quotidiani. Ogni giorno si può cadere e ci si deve rialzare. Ogni giorno si può morire e si deve rinascere. Si dice che è un eroe non colui che non cade mai, ma colui che ha il coraggio di rialzarsi dopo che è caduto.
La Pasqua della vita, dunque, è sapersi rialzare dopo che si è caduti, sapersi convertire dopo che si è peccato, saper perdonare dopo che si è stati offesi, sapersi riconciliare dopo che si è stati traditi. È certamente duro fare Pasqua da disoccupati o cassintegrati, da privi di dignità e di futuro. Personalmente, provo imbarazzo ad augurare buona Pasqua perché quest’augurio potrebbe sembrare un’espressione retorica, vuota, ripetitiva, in quanto so in anticipo che per molte persone non può essere una buona Pasqua. Con quale animo, infatti, trascorrono la Pasqua le persone che hanno avuto lutti e disgrazie recenti; le badanti che non possono curare i loro figli e i loro mariti, perché devono stare con noi ad alleviare i disagi dei nostri vecchi? Come trascorrono la Pasqua gli ergastolani o i carcerati, come quelli di Massama che ho visitato questa mattina? Tra poco, a mezzogiorno, il papa si affaccerà alla loggia di San Pietro per ripetere l’augurio di buona Pasqua a tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Lo riceveranno anche quei cristiani che non possono chiamarsi tali e che non possono leggere il racconto evangelico della Pasqua, perché non possono tenere con sé una bibbia? Queste domande non sono un esercizio retorico. Lo potrebbero diventare se fossero formulate solo con le parole del nostro vocabolario. Non lo sono, però, perché sono formulate anche con le parole del cuore, ed esprimono la preoccupazione e il dispiacere del Vescovo, che non può dare, come vorrebbe, un aiuto concreto a tutte le persone che sono nel bisogno.
La fede nel Cristo risorto, comunque, ci incoraggia a sperare contro ogni speranza, a non cedere alla rassegnazione, a impegnarci per un futuro più giusto e più sicuro. Se pensiamo che le cose non cambieranno è come se pensassimo che Gesù Cristo non abbia vinto il peccato e non abbia sconfitto la morte. Ma “Gesù Cristo vive veramente”, scrive il Papa a commento dell’affermazione di S. Paolo: “se Cristo non fosse risorto, la nostra predicazione sarebbe vana (1Cor 15, 14). “La sua risurrezione non è una cosa del passato, continua il Papa; contiene una forza di vita che ha penetrato il mondo. Dove sembra che tutto sia morto, da ogni parte tornano ad apparire i germogli della risurrezione. È una forza senza uguali. È vero che molte volte sembra che Dio non esista: vediamo ingiustizie, cattiverie, indifferenze e crudeltà che non diminuiscono. Però è altrettanto certo che nel mezzo dell'oscurità comincia sempre a sbocciare qualcosa di nuovo, che presto o tardi produce un frutto....Ci saranno molte cose brutte, ma il bene tende a sbocciare e a diffondersi sempre di nuovo. Ogni giorno nel mondo rinasce la bellezza, che risuscita trasformata attraverso i drammi della storia. I valori tendono sempre a riapparire in nuove forme, e di fatto l'essere umano è rinato molte volte da situazioni che sembravano irreversibili. Questa è la forza della risurrezione.”
Gesù, dunque, con la sua risurrezione, ha vinto definitivamente il male, il peccato, la morte. Ora tocca a noi, però, vivere da risorti, da persone cristianamente ispirate, per dare un supplemento di anima alle istituzioni, promuovere la pace in famiglia e nella società, vincere la paura. Le cronache quotidiane dei delitti, delle violenze, dei tradimenti, delle catastrofi naturali e morali, creano spesso un clima di paura. Ci sono paure esterne, per la propria sicurezza in casa e fuori casa, e paure interne, che ciascuno sente dentro di sé per la fragilità dei sentimenti e la debolezza delle convinzioni. In tutte queste manifestazioni di paura e di incertezza, la fede nel Cristo risorto ci deve aiutare a creare rapporti di fiducia, di rispetto reciproco, di accoglienza dell’altro. Le tante testimonianze di gratuità, di volontariato, di ottimismo, di accettazione generosa della volontà di Dio ci assicurano che la fede non è mai vana, la speranza è ancora possibile, il perdono vince la vendetta.
Cari fratelli e sorelle,
il Signore della vita e della morte in questi ultimi mesi ha visitato più volte il nostro presbiterio terreno e ha chiamato a sé validi sacerdoti, che hanno dato buona testimonianza della carità e della misericordia del Signore. La fede nel Cristo risorto ci assicura che essi, in qualche modo, costituiscono ora il presbiterio celeste, che veglia sul cammino sinodale della nostra comunità diocesana. Ognuno di voi, poi, ha forse un familiare, un parente, un amico o un conoscente che è morto di recente. Con Gesù, davanti alla tomba di Lazzaro, ripetiamo: “questi nostri fratelli si sono addormentati, ma saranno risvegliati” (Gv 11, 11). “Gesù è la risurrezione e la vita”; “chi crede in Lui, anche se è morto, vivrà; chiunque vive e crede in Lui non morirà in eterno” (Gv 11, 25-26). Con questa convinzione rinnoviamo la nostra fede nell’esistenza della vita eterna! I nostri fratelli che sono giunti in cielo ci aiutano da lassù ad essere testimoni della pasqua quotidiana, quella che non aspetta un anno per fare un’opera buona, e non fa la carità per liberarsi del superfluo e lenire i sensi di colpa, ma che vive ogni momento della vita come un evento di grazia per amare, donare, perdonare.
Per dare concretezza ai nostri propositi, ora, lancio una sottoscrizione per realizzare presso l’Istituto di Riabilitazione Santa Maria Bambina un reparto-laboratorio “Pre-Domicilio”, che prepara i pazienti ricoverati a riprendere le attività quotidiane prima del rientro a casa. Vogliamo dedicare questo reparto a Mons. Umberto Lai, che, come Presidente dell’Istituto, ha dedicato il suo ultimo impegno a realizzare questa struttura. Con questo invito, auguro a tutti voi una Pasqua di pace, di rinnovamento, di ottimismo cristiano.