Cattedrale di Oristano, 2 febbraio 2015
La celebrazione della giornata della vita consacrata quest’anno ha un significato del tutto particolare, perché il Papa ha voluto dedicarlo alla riflessione sul ruolo e l’importanza delle consacrate e dei consacrati nella vita della Chiesa.
Per la solennità odierna, la liturgia della Parola ci presenta il racconto della presentazione di Gesù bambino al tempio, il cantico di Simeone, la fedeltà del servizio al tempio della profetessa Anna. Sono tutti episodi biblici sui quali meditiamo spesso, perché toccano profondamente i nostri sentimenti di persone consacrate al servizio di Dio e del prossimo. La lettera agli Ebrei ci presenta Gesù fratello degli uomini, solidale con la nostra condizione umana, mediatore di salvezza non più attraverso sacrifici esterni ma con il sacrificio della sua stessa vita. Il profeta Malachia, infine, richiama la necessità della purificazione interiore come condizione indispensabile per poter “offrire un’oblazione secondo giustizia” (Ml 3, 4). Quale può essere, ora, il messaggio di questa Parola di Dio, sempre uguale ma sempre nuova, per voi consacrate e consacrati? Io vi vedrei un messaggio ad intra, di purificazione e conversione, ed un messaggio ad extra, di testimonianza di prossimità umana e di accompagnamento spirituale. Entrambi i messaggi sono stati attualizzati dai molteplici interventi che papa Francesco ha rivolto ai religiosi e alle religiose in diverse occasioni, lui religioso della Compagnia di Gesù.
Per quanto riguarda, ora, il messaggio ad intra, la necessità della purificazione e del rinnovamento della vita spirituale è richiesta dalla situazione nella quale viviamo come Chiesa e come società civile. Sono troppi gli scandali della corruzione nel mondo della politica e dell’economia, i tradimenti dei costumi di vita e di pensiero nel mondo dello spettacolo, dello sport, della moda. Sono troppe le contro testimonianze nel mondo della vita consacrata e delle istituzioni ecclesiastiche, che hanno offuscato il volto della Chiesa. Papa Francesco ha invitato tutti ad un serio esame di coscienza elencando una serie di comportamenti che contraddicono la vocazione dei consacrati alla perfezione e alla santità della vita. Non è il caso di riportare l’elenco delle quindici malattie curiali, ripreso e commentato da tutti i mezzi di comunicazione del mondo. Ogni famiglia religiosa ha la propria regola, possiede il proprio carisma, ha una propria missione. L’occasione è propizia, allora, perché ognuno guardi dentro la sua famiglia e dentro la sua coscienza e risponda a Dio della sua fedeltà o infedeltà alla propria vocazione, senza cercare giustificazioni nelle decisioni o nei comportamenti degli altri, fossero questi i superiori che comandano o i confratelli o consorelle che obbediscono. “Giustizia e pace si baceranno” (Sal 85, 11) ripetiamo con il salmista. Ciò significa che non c’è giustizia senza pace, ma neppure pace senza giustizia. Dio è, sì, “paziente e misericordioso, lento all’ira e ricco di grazia” (Sal 144, 8), ma non può essere ingannato o preso in giro dalle nostre promesse mancate o dalle nostre risposte virtuali.
Il messaggio ad extra è anzitutto l’invito a creare e promuovere prossimità umana. La vita consacrata, infatti, in qualche modo, ci separa dal mondo ma non ci toglie da esso. Anche se non siamo del mondo, viviamo nel mondo, gomito a gomito con chi lavora, gioisce, soffre, prega, ama ed è amato. Il programma adottato da Gesù: “per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità” (Gv 17, 19), è anche il programma che devono adottare i suoi discepoli: essere santi per santificare.
Dobbiamo uscire dai recinti sacri autoreferenziali, per andare a portare la gioia del Vangelo là dove sono le persone che aspettano una buona parola, un gesto di solidarietà e condivisione, una testimonianza coerente di luce del mondo e sale della terra. Dobbiamo fare nostro l’impegno di creare una cultura di prossimità e vicinanza che papa Francesco ha proposto alla Facoltà Teologica di Cagliari, nella sua visita del settembre di due anni fa. “L’isolamento e la chiusura in se stessi o nei propri interessi, ha detto, non sono mai la via per ridare speranza e operare un rinnovamento, ma è la vicinanza, è la cultura dell’incontro. L’isolamento, no; vicinanza, sì. Cultura dello scontro, no; cultura dell’incontro, sì”. Le comunità religiose possono e devono diventare “luogo privilegiato in cui si promuove, si vive questa cultura del dialogo, che non livella indiscriminatamente differenze e pluralismi e neppure li estremizza facendoli diventare motivo di scontro, ma apre al confronto costruttivo. Questo significa comprendere e valorizzare le ricchezze dell’altro, considerandolo non con indifferenza o con timore, ma come fattore di crescita”.
Per quanto riguarda il messaggio dell’accompagnamento spirituale, ognuno di noi ha fatto esperienza di come molto spesso il "padre spirituale" o la "guida spirituale” sia stato un sacerdote, secolare o religioso, che abbiamo incontrato negli anni del nostro discernimento vocazionale e che ci ha saputo educare all’ascolto della voce dello Spirito. Accanto ai padri spirituali, nella tradizione cristiana, non sono mancate figure di "madri spirituali" che hanno accompagnato molte giovani nella scelta del proprio ideale di vita cristiana. Papa Francesco considera questo servizio ecclesiale come parte integrante del processo di evangelizzazione. “Chi accompagna la vita spirituale dei singoli, infatti, si occupa della fase più 'profonda', potremmo dire, della evangelizzazione. Accompagna il singolo a far propri i contenuti del Vangelo nella coscienza e negli atteggiamenti concreti”.
La Chiesa, continua papa Francesco, “dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a questa “arte dell’accompagnamento”, perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (cfr. Es 3, 5). Dobbiamo dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana”.
Cari fratelli e sorelle,
il programma per vivere bene quest’anno dedicato alla vita consacrata è impegnativo e richiede piena disponibilità ad ascoltare che cosa lo Spirito dice alla comunità religiose. Per parte mia, spero e mi auguro che esso non rimanga un proposito o un desiderio ma che diventi un itinerario concreto di conversione interiore, nonché di riscoperta della propria missione di operatori di prossimità umana e accompagnatori spirituali. Io vi assicuro la mia preghiera. Voi garantite la vostra collaborazione.