Funerale di don Nino Boi

Parrocchia di Isili, 5 maggio 2012

Un altro nostro confratello nel sacerdozio approda sulla sponda dell’eternità e viene accolto tra le braccia di Dio, Padre della vita e della morte. Dopo aver accompagnato alla casa del Padre tanti fratelli e sorelle delle diverse parrocchie dove ha svolto il ministero, ora don Nino entra egli stesso in questa casa, dove “non vi sarà più notte e non avranno più

bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli” (Ap 22, 5). Noi che rimaniamo pellegrini nel tempo lo ricordiamo con gratitudine e conserviamo l’immagine del suo sorriso come testamento della sua bontà. Coloro che lo hanno preceduto nel segno della fede lo ritrovano purificato dalla malattia e redento dal sacrificio di Cristo.

La Provvidenza, dopo la sua ordinazione sacerdotale per l’imposizione delle mani di Mons. Fraghì il 29 febbraio del 1965, lo ha condotto prima per un anno a San Domenico Savio di Oristano, poi viceparroco per 6 anni ad Aritzo, da cui è andato come parroco a Villanovafranca per 14 anni e a Meana Sardo per 8 anni, fino alla parrocchia di Gesturi dove è arrivato nel 1994. Un giovane di una parrocchia dove don Nino ha esercitato il ministero come parroco mi ha scritto qualche settimana fa una lettera nella quale esprimeva dolore per la malattia di don Nino, e, allo stesso tempo, gratitudine perché da don Nino aveva imparato ad amare e seguire Gesù. Una domanda che gli faceva di frequente era appunto questa: “Tu vuoi bene a Gesù? Ricordati che lui ti vuole tanto bene”. Non era una lezione di morale o di teologia, bensì una domanda che proveniva dal cuore di un sacerdote innamorato di Gesù.

La liturgia, oggi, fa memoria di S. Bonifacio, vescovo e martire, evangelizzatore delle popolazioni germaniche oltre il Reno e fondatore della celebre abbazia di Fulda, dove è sepolto. Quando la spada di un infedele si abbatté sul suo capo, cercò di ripararsi coprendosi con l'Evangeliario. Ma il fendente sfregiò il libro e lo decapitò.

In questo gesto di difesa della propria vita con l’evangeliario si può intravedere un simbolo eloquente di un ruolo della Parola di Dio. Questa, se diventa regola di vita, protegge dagli assalti delle ideologie e mode culturali che uccidono i sentimenti dell’anima, pur lasciando integre le membra del corpo; ma non libera dalla lotta con il male, dalle persecuzioni cruente ed incruente per la fede, dalla possibilità di rimanere vittima dell’odio e della violenza. Essa è luce per il cammino, ma non toglie la fatica del cammino.

Questa Parola di Dio, dunque, non ci libera dal dolore per la morte di don Nino, ma illumina la celebrazione della sua Pasqua, ossia del suo esodo verso la vita eterna. Il brano della seconda lettera di Pietro ci ricorda che solo la luce che proviene dall’alto dà pieno significato e valide motivazioni spirituali al dolore e alla gioia, alla vita e alla morte, orientando verso l’oltre le scelte personali e i programmi pastorali. San Paolo insegna che “se siamo risorti con Cristo, dobbiamo cercare le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; dobbiamo rivolgere il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Noi infatti siamo morti e la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, nostra vita, sarà manifestato, allora anche noi appariremo con lui nella gloria” (Col 3, 1-4).

Il vangelo ci riporta il celebre detto “date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”, a suggello della discussione di Gesù con i farisei. Che cosa diceva di molto strano Gesù, per suscitare l’ira e la provocazione dei suoi avversari? Egli annunziava il Regno di Dio (Mc 1, 15). Quest’annuncio era il centro e il nucleo del suo messaggio e di tutta la sua attività di profeta e di taumaturgo. Gesù insegnava che il Regno di Dio doveva essere messo al di sopra di tutto (Mt 6, 33), e, dicendo questo, voleva dire che Dio doveva essere al di sopra di tutto. Il primo e più grande dei comandamenti imponeva di amare Dio con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta l’anima (Mt 22, 37). Ciò equivale ad affermare che esiste una gerarchia di valori, in base alla quale c’è un primato di cose da fare e regole da osservare (Mt 6, 33-34). Affermare che prima viene il Regno di Dio e poi tutto il resto, è lo stesso che affermare che niente deve essere anteposto al Regno di Dio. Il Regno di Dio, però, non si identifica con nessuna istituzione umana.

Cari fratelli e sorelle,

permettetemi di congedarci dall’esistenza terrena del nostro confratello don Nino con le parole che questa mattina mi ha scritto dal Perù don Luciano Ibba, in memoria del sacerdote che aveva animato i ragazzi e i giovani di Villanovafranca ed aveva tenuto l’omelia alla sua prima messa: “lo ricordo con affetto; se fossi presente gli darei un bacio e farei una carezza per ringraziarlo per tutto il bene che ha fatto e il bene che mi ha voluto. Rivolgo al Signore una preghiera: che come lui, prete imperfetto come tutti e buono come molti, crescano e maturino nuove e numerose vocazioni”. Possa don Nino, dall’alto della sua comunione con Dio nostro Padre e con tutti i santi del cielo, donare conforto ai suoi parenti ed amici e grazia e benedizione ai suoi confratelli.