Funerale di Mons. Demetrio Cogotzi

Cattedrale di Oristano 22 novembre 2010

Il ritorno di don Demetrio alla casa del Padre è avvenuto nel mese di novembre, che la pietà popolare dedica alla memoria dei fedeli defunti, e nel giorno in cui la Chiesa celebra la solennità di Cristo, Re dell’universo. Oggi, celebriamo l’Eucaristia per congedarci dalla sua esistenza terrena nel giorno della festa di Santa Cecilia, vergine e martire.

Ora, le circostanze della vita, scandite dalla celebrazione del mistero pasquale di Cristo, per il cristiano e per il sacerdote in modo particolare, sono la grammatica con cui Dio ci parla. Lo Spirito, poi, ci abilita ad ascoltare e discernere le parole di Dio nella moltitudine delle voci umane e alla loro trasformazione in testimonianza di fede e di speranza. La preghiera di intercessione per i fedeli defunti, infatti, ci aiuta a vivere ed approfondire la fede nella comunione dei santi, mentre la festa liturgica di Cristo Re e di Santa Cecilia ribadisce la centralità di Cristo nella nostra vita cristiana e la prontezza a difendere questa centralità anche con la prova del martirio. La protomartire Cecilia, di cui invochiamo la protezione nella preghiera eucaristica, ci ricorda i martiri dei nostri giorni. Quelli che gli organi di comunicazione dimenticano, per dare spazio alle cronache scandalistiche e agli intrighi della politica. Si può dire che mentre nei nostri circoli si commenta e si discute, in Irak, in Sudan, in Indonesia i cristiani vengono uccisi, perché cristiani. Chissà se ci rendiamo conto del grande dono della pace religiosa di cui noi godiamo, e ringraziamo il Signore per questa realtà! Per grazia di Dio, la nostra testimonianza richiede solo la coerenza della vita e la difesa dei nostri valori fondamentali senza la paura della persecuzione cruenta.

Don Demetrio ha testimoniato questa coerenza di vita nei suoi 57 anni di sacerdozio, avendo ricevuto l’ordinazione sacerdotale nel luglio del 1953 dalle mani di Mons. Fraghì. Ha esercitato il ministero soprattutto come parroco a Siamaggiore, con qualche breve tempo in Seminario come professore, e a Cabras come viceparroco della parrocchia di Maria Vergine Assunta. Per lunghi anni ha servito la Diocesi come economo, prestando al contempo servizio pastorale nella parrocchia di S. Efisio ad Oristano. Gli ultimi anni li ha trascorsi con salute malferma e, di recente, ha sofferto molto per la morte del fratello. La sincera considerazione del ministero del sacerdote ci dice che molte conversioni interiori, molti interventi della grazia di Dio, molte parole di conforto nell’ora della prova, sono dovuti alla preghiera e all’offerta del sacrificio eucaristico da parte del sacerdote. I fedeli che hanno beneficiato di questi aiuti divini per mezzo del ministero sacerdotale di don Demetrio benediranno la sua memoria e il suo ricordo.

La liturgia della Parola che anima la nostra celebrazione ha evocato l’offerta della vedova che “nella sua miseria ha dato tutto quanto aveva per vivere”. Questo insegnamento di Gesù richiama la dimensione della totalità nel nostro rapporto con Dio. L’offerta sincera, infatti, comporta che non diamo a Dio il superfluo del nostro tempo libero, della nostra solitudine, delle nostre sofferenze, ma la totalità della nostra esistenza. Dio lo dobbiamo cercare non solo nei momenti della debolezza e della malattia, ma in quelli della forza e della salute. Non gli possiamo dare solo una parte del nostro tempo, quella che ci avanza dalla cura dei nostri affari. Molte volte riduciamo Dio ad un “tappabuchi”, cioè ad un Dio evocato solo per mettere riparo alle nostre mancanze, un Dio grande farmacista del mondo. Nell’amare e pregare Dio, dobbiamo imparare a usare la nostra intelligenza e la nostra libertà; ad assumerci la piena responsabilità delle nostre azioni e delle nostre decisioni; a svincolarci dall’idea del Dio tuttofare che scavalca la nostra intelligenza e la nostra libertà. Spesso le nostre preghiere si rivolgono a un Dio, concepito come forte e onnipotente, capace di risolvere tutto come un deus ex machina. Difficilmente esse si muovono all’interno di una teologia della croce e tengono sempre presente che il Dio che salva è il Dio crocifisso.

In realtà, il Dio cristiano è il Dio della croce e della risurrezione, che vive nel cuore della storia per impegnare l’uomo a produrre opere di pace e di giustizia. L’onnipotenza immolata, qual è quella di Dio, di per sé, non rassicura nessuno. Sulla croce, Gesù ha gridato: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" Nessuna esistenza è più rischiosa di quella che riposa su un Padre di cui bisogna condividere l'immolazione totale. Eppure, questa onnipotenza immolata, crocifissa, è fonte di speranza e di salvezza. Questo Dio immolato è il Padre di Gesù, ed "è più grande di tutti" (Gv 10, 29). Con "la potenza della risurrezione" Gesù ha manifestato di saper sconfiggere e dominare la potenza avversa della morte, cioè la potenza dell'anti-creazione (cfr. Fil 3, 10). Gesù, che "sostiene tutto con la potenza della sua parola" (Eb 1, 3), porta a termine il suo progetto di salvezza, contrastato ma non compromesso dalle potenze cosmiche che condizionano negativamente la vita terrena degli uomini (Col 1, 16). Il cristiano può contare sempre sull'intervento liberatore e salvatore di Dio (At 4, 24-30) e può mettersi "nelle mani del Creatore con piena fiducia" (1Pt 4, 19). Così, come il giusto deriso (Sal 31, 6) e come lo stesso Gesù sulla croce (Lc 23, 46), il cristiano, con la sua preghiera, affida la sua vita nelle mani di Dio, che è Padre, perché è Creatore.

L’Apocalisse evoca un cantico nuovo davanti al trono dell’Agnello che solo i redenti della terra possono capire. Invochiamo, allora, l’intercessione di Don Demetrio, ormai nella schiera dei redenti, perché lo Spirito ci renda capaci di cantare sempre in tutte le circostanze della vita le misericordie del Signore. Bisogna trovare il coraggio di lodare il Signore anche nel momento della prova, compresa quella suprema della morte. Con Gesù, nessuna sofferenza è inutile. La nostra unione con Lui ci assicura che “se ci rattrista la certezza di dover morire ci consola la promessa dell’immortalità futura”. Possa don Demetrio intercedere perché vinciamo la tristezza della morte con la consolazione dell’immortalità futura.