Funerale di Mons. Francesco Manca

Cattedrale di Oristano, 14 marzo 2009

Siamo riuniti per celebrare il mistero della morte e della risurrezione di Gesù. La liturgia della Chiesa ci dice che ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunciamo la morte del Signore, in attesa della sua venuta. Tra breve mangeremo questo pane e berremo a questo calice e, con questo gesto sacramentale,

annunceremo, nella fede, la comunione del carissimo Mons. Francesco Manca con il Signore della vita e della morte. Ci nutriremo di quell’Eucaristia di cui si è nutrito Mons. Manca nei lunghi anni della sua vita, e per la cui celebrazione si stava preparando ancora una volta prima che la morte lo avesse sorpreso all’improvviso. L’amore e la devozione all’Eucaristia li ha sempre testimoniati, perché, tra i suoi diversi ministeri, ha svolto sempre con intelligenza e passione anche quello di delegato diocesano per i ministri straordinari della comunione. Era inoltre delegato diocesano per la pastorale sanitaria. Sicuramente, la frequentazione del mondo della sofferenza ha reso il suo ministero sacerdotale più umano e più vicino ai bisogni della gente.

In questi due giorni ho ricevuto tanti attestati di stima da parte di sacerdoti e di uomini e donne che hanno avuto mons. Manca come parroco. Questi gesti di stima e riconoscenza riempiono di memoria il vuoto che egli lascia tra i suoi parenti ed amici, nonché nella comunità diocesana. La Diocesi perde un valido sacerdote, e ciò ci rattrista. Ma acquista un intercessore nel cielo, e di questo siamo grati al Signore. I fedeli di Santa Giusta, di Baratili, ma soprattutto di Cabras, dove Mons. Manca ha svolto il ministero di parroco per ben trent’anni, dal 1962 al 1992, rimpiangono un sacerdote che non è invecchiato mai, perché ogni giorno della sua vita è salito sui gradini dell’altare, che rinnova la giovinezza del ministro di Dio. Mons. Manca ha saputo vivere la sua esistenza sacerdotale in comunione con il Signore, non tirandosi mai indietro di fronte agli impegni che gli venivano affidati. La spiritualità dell’Istituto di “Gesù Sacerdote” di cui era membro lo ha aiutato a trovare conforto umano e motivazioni interiori per la sua testimonianza di sacerdote, confessore, amico.

Nel lasciare la parrocchia di Santa Maria, a Cabras, dopo trent’anni di generoso servizio, disse all’arcivescovo Mons. Pier Giuliano Tiddia: non recuso laborem, non mi ritiro a vita privata. Aveva ragione. Il sacerdote non va mai in pensione. La sua attività può diminuire, le sue forze fisiche potranno indebolirsi, ma le sue mani continuano a benedire, il suo cuore continua ad amare, le sue labbra continuano a pronunciare parole di perdono e di misericordia. Tu es sacerdos in aeternum. A Mons. Manca lo hanno cantato sicuramente alla celebrazione della prima messa, all’alba del suo ministero, e lo cantiamo noi oggi nell’accompagnarlo alla soglia dell’eternità, dove riceverà dal Padre eterno il premio del “servo buono e fedele”. Tu sei sacerdote in eterno, caro don Francesco, per tutti coloro che ti sono grati per il dono del tuo ministero di grazia e di riconciliazione; per tutti coloro per i quali puoi dire con l’Apostolo Paolo: “potreste avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri, perché sono io che vi ho generato in Cristo Gesù, mediante il Vangelo” (1Cor 4, 16). Come tuo vescovo, sono fiero di poter testimoniare che sei stato un sacerdote fedele fino all’ultimo. Con i tuoi 93 anni e la tua salute precaria non hai voluto venir meno al dovere del ritiro del clero di giovedì scorso, dando esempio di singolare fedeltà e coerenza ai confratelli più giovani. Chissà, forse la tua ultima preghiera è stata l’Angelus Domini che abbiamo recitato alla fine del ritiro. In quella preghiera abbiamo chiesto di essere condotti alla gloria della risurrezione per mezzo della passione e della croce di Cristo Gesù. Tu, che ora sei giunto alla gloria della risurrezione, intercedi perché noi, con la nostra vita e le nostre opere, rendiamo fecondo il frutto della passione e della croce del Signore.

Cari amici,

ci congediamo dal nostro confratello con i sentimenti della gratitudine e della memoria. Gratitudine al Signore, per aver donato alla Diocesi un sacerdote che ha prodotto tanti frutti di bene, ha promosso tante vocazioni alla vita religiosa, ha orientato tante scelte di vita cristiana. Memoria del suo sacerdozio, per continuare la sua opera di pace e riconciliazione, soprattutto nell’apostolato della preghiera, che egli ha curato con esemplare generosità e assiduità. Il suo ricordo sia benedizione. La sua comunione con Dio nostro Padre e con tutti i santi del cielo doni a noi, pellegrini di fede e di speranza, un cuore da bambino per credere, un cuore di madre per amare, un cuore di fratello per servire.